Parallel compression & New York compression

Parallel compression & New York compression

Prima di andare a vedere cosa sia il parallel compression, facciamo un excursus storico.

Il suono tipico degli anni 50 e 60 è stato spesso caratterizzato da dischi dove le voci suonavano molto forte all’interno del mix rispetto a tutti gli altri strumenti. Era consuetudine applicare poi molto riverbero su tutti gli altri strumenti del brano per amalgamare e fondere tutti i suoni tra loro; un noto esempio lo riportano i dischi di Frank Sinatra ed Elvis Presley.

Nei primi anni 90 questa tecnica ormai radicata nelle caratteristiche del sound dell’epoca fu scardinata dalla visione di un etichetta discografica, la “Motown” che riesce a farsi notare nell’industria musicale con un nuovo sound riconoscibile. Questa etichetta, che con un approccio anticonformista in collaborazione ad un team di talentuosi ingegneri del suono di New York (tra loro, il legendario Mixing Engineer Tony Maserati), infrange le regole e cambia il modo tradizionale di approcciare i mixaggi usati in quegli anni.

La Visione di Motown era quella di rendere i dischi più orecchiabili e ballabili per cui intervenire su suoni ritmici era la chiave, ed è cosi che rielaborando le tecniche di missaggio usate già molti anni prima dal un altro ingegnere e pioniere di missagio Lawrence Horn, questo team riesce a portare tutto su un altro livello conferendo ai mixati un suond potente e distintivo che aumenta la presenza di tutti i dettagli ritmici all’interno del mix ed enfatizza le Hi-freq degli strumenti.

a sinistra il logo della Motown, etichetta discografica based in New York – a destra Foto: Tony Maserati in Circle House Studios

 

Divenne subito un Trend distintivo tra le produzioni di quegli anni e queste tecniche presero il nome di “New York Compression” proprio per la provenienza di questo particolare sound. Negli anni a seguire la tecnica ha subito anche alcune varianti che si sono andate poi a definire più semplicemente come PARALLEL COMPRESSION. Quest’ultima, a differenza della New York, interviene con settaggi di eq più delicati o addirittura nulli mantenendo la sola ed esclusiva Compressione parallela (anche questa ha delle differenze di settaggio che andremo a vedere più avanti). Entrambe le tecniche oltre ad essere un elemento di importante innovazione sono diventate uno standard nella storia dell’industria musicale e vengono utilizzate ancora oggi nei missaggi.

 

Cos’è e in cosa consiste la Parallel Compression

La compressione parallela o ‘compressione New York-style’ è una tecnica di compressione usata nel mixaggio audio. Nello specifico consiste nel duplicare il segnale originale di una sequenza mixata su un secondo canale di output Send, facendo passare l’audio all’interno di un compressore settato con paramentri che ne “esasperano” la funzione ed inoltre in aggiunta un equalizzatore, differentemente settato per la Parallel o la New York, che arricchisce alucne particolari frequenze.

Il suono lavorato dal compressore viene poi raccolto da un canale sul banco mixer chiamato Retun che assumerà una funzione di DRY|WET dal quale appunto è possibile stabilire la porzione di segnale che verra rimandata al Master Channel insieme a tutte le steams della song.

 

Questo è ciò che avviene in un normale banco analogico.

Andiamolo a capire meglio in una DAW quindi lavorando totalmente ITB (In The Box)

Parallel Compression Mappa semplificativa

 

 

Come ricreare un effetto di parallel compression o New York compression con la vostra DAW.

Come primo passagio andiamo a semplicemnte ad aggiungere un canale di return dove all’interno caricheremo un compressore che setteremo il parametro di Attack il più breve possibile (quindi pari a zero o quasi) e il parametro di release invece con tempi medi di circa 300ms. A questo punto gli altri parametri da andare a settare sono la Threshold e Ratio che possono essere regolate secondo due diverse correnti ma prima di vederle nello specifico è importane capire che, anche se entrambe hanno comunque parametri nettamente differenti, il compressore mantiene sempre una funzione di GAIN REDUCTION constantemente attiva. Andiamoli a vedere nello specifo:

 

Nel caso della “Classic Parallel Compression” la Threshold è molto bassa Circa -25/-30dB mettendo il compressore in una condizione di riduzione continua del gain ma con la Ratio con valore basso 2.5:1 così da non estremizzarne il rapporto di compressione (è buona pratica provare a sperimentare spingendosi più o meno nei parametri di Ratio per trovare il giusto compromesso)

 

La seconda corrente di pensiero è quella che è deifinita “New York Compression” dove si imposta invece la Ratio con un valore molto alto o in alcuni casi valore massimo (praticamente in funzione limiter) e tirare giù la soglia di threshold fino ad ottenere un effetto di compressione “squashed” e cioè quasi distruttivo, che poi mixato al segnale originale crea appunto il risultato tipico della New York Compression. E’ bene notare che quando nacque questo “trand sonoro” lo si usava principalmente sulle drums, si è poi esteso l’utilizzo al basso e successivamente anche agli altri strumenti.

 

A questo punto dopo il compressore nel nostro canale di return andiamo ad aggiungere un Equalizzatore con dei parametri anche abbastanza pronunciati. Infatti una classica e buona regola per dei settaggi di un Equlizzatore per la New York Compression è quello di dare un boost di tra i +7 ei i +10 dB sulla frequenza tra gli 80Hz, max 100 Hz, e ancora un secondo boost di tra i +7 e i +10 dB in un punto nel range di frequenze tra i 10 e i 12KHz massimo. Entrambi i boost devono essere settati con un fattore “Q” medio/stretto, facendo massima attenzione a non superare mai questa ampiezza.

 

API-2500 compressor e API-550B Equalizer, Con parametri tradizionali per”New York” Compression

 

Nella “Classic Parallel Compression” invece, come detto all’inizo di questo articolo, i parametri di equalizzazione sono più delicati aggiungendo al massimo +2/3 dB sulle alte frequenze per dare più aria.

 

Ora finalizzati questi settaggi nei plugin caricati all’interno del canale di Return andremo, quando occorre, a dosare la porzione di segnale effettato all’interno del canale audio desiderato attraverso il comendo di “send”. Questo effetto è bene usarlo quando dovete aggiungere al vostro canale un “tocco” di carattere e presenza.

Ma fate attenzione! sicuramente aggiungendo questo tipo di “compression” il vostro suono prenderà un sound molto più caldo e deciso rispetto al suono originale e questo può indurvi a caricare eccessessivamente la mandata (send).

Ricordate però che ogni suono ed effetto poi nel mix andrà a sommarsi a tutto il resto. Pertanto è bene usarla sempre con attenzione e parsimonia. Una buona tecnica è quella di iniziare ad alzare lentamente il send relativo al return della Parallel o New York Compression e appena iniziamo a percepire l’entrata dell’effetto possiamo fermarci già a quel punto, oppure meglio se da quel momento in cui percepiamo l’effetto poi la portiamo giù di uno / due dB.

 

E con i plugin più moderni?

Al Giorno d’oggi i plug-ins di recente costruzione dispongono anche di funzioni specifiche come PEAK – RMS – EXPANDER. Ognuna di queste sfrutta un algoritmo diverso relativo alla tipologia di compressione che si vuole ottenere. Per ottenere un effetto ideale per la parallel compression e se il il vostro plug-in dispone di queste funzioni e bene attivare la funzione PEAK e deselezionate invece la funzione Gain Make-Up.

 

Usare la parallel Compression o New York può introdurre problemi di phasing nel mix?

Questa è una domanda ci viene posta spesso tra le richieste dei nostri follower ma non c’è alcun motivo di preoccuparsi di questioni di fase tranne nel caso in cui i plug-in di compressione possono introdurre latenza. Spieghiamo meglio, nella stragrande maggioranza dei casi i plguin di oggi, grazie alla possibiltà di lavorare in digitale, hanno implementato una funzione interna detta “look ahead” che analizza in anticipo il segnale che deve essere compresso così da avere una compressione con latenza zero. In questo modo problemi relativi al phasing sono quasi nulli. Ad ogni modo la maggior parte delle DAW hanno una funzione che permette di settare al meglio i parametri per compensare l’eventuale ritardo e quindi la latenza.

Alex Tripi
Nello Greco
The ReLOUD

 

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